Siate affamate, siate folli.

La verità è che sono la regina del mio universo soltanto finché sono nel mio studio. Soltanto finché sono nel luogo protetto in cui le idee che poi diventano giochi, parchi, festival, app, libri vengono messe per la prima volta sulla carta. Là mi sento padrona del mio destino: la mia volontà crea le regole, piega le parole, supera ogni difficoltà e sperimenta la vertigine dell’ambizione.

Appena varco la soglia del mio studio per uscire, tutto cambia. Vado in palestra e un altro avventore mi spiega come fare meglio un esercizio. Prendo la macchina, e un vicino mi spiega come uscire dal parcheggio. Mentre esco dal parcheggio, un altro che vuole parcheggiare suona il clacson, perché non sto uscendo abbastanza velocemente e sto “bloccando il traffico”.

Vado a una conferenza, mi trovo a parlare con un investitore che non ha mai né investito né lavorato nel mondo delle app, e che mi spiega perché ho sbagliato tutto nella strategia di sviluppo iOS delle applicazioni della mia azienda. Vado a un aperitivo con un tipo che è appena arrivato in città e che mi spiega come il suo progetto (mai realizzato) di creare una serie di app per bambini – che non è stato finanziato da nessuno – fosse di gran lunga meglio del mio (che è sul mercato e ha raccolto “qualche” consenso).

Per chi crede che sia impossibile che tutte queste cose succedano in una sola giornata: vi sbagliate. Le cose che vi scrivo sono “l’altro tipo” di molestia che noi donne riceviamo continuamente. In mezzo ci sono anche le molestie del primo tipo, che – tra l’altro – non ricevi soltanto se stai camminando per strada, ma anche se – per esempio – sei seduta in macchina da sola ad aspettare qualcuno “You there all alone, babe?”. (Già: trasferirvi in California non risolve il problema, lo attenua forse, ma non lo risolve.)

Le molestie sono una parte integrante della mia vita.

Così parte della mia vita, che fino a poco tempo fa non sapevo neanche a cosa attribuire il senso di fastidio che provavo in una delle situazioni che vi ho descritto sopra. Ho sempre pensato che fosse perché ho un carattere “troppo forte” e che quindi fosse colpa mia se alcuni di quegli atteggiamenti mi infastidivano così tanto. Tutto sommato stanno cercando di aiutarmi – continuavo a ripetermi. E invece no. Perché non si tratta di offerte di aiuto, ma di un costante, strenuo tentativo di ridurre il valore di quello che hai creato, della tua conoscenza, di ciò che sai fare. E che ci vuole a fare una campagna PR? Sembrano dirti. Che ci vuole a scrivere un libro per bambini? Che ci vuole a fare i “giochini su smartphone”? Sì, ok. Siete creative, ma senti questa cosa che ha fatto LUI. “LUI su questa roba ci lavora da quando IO non sapevo neanche che cosa fosse” – ignorando il fatto che voi avete appena detto che anche voi ci lavorate. Nell’equazione del maschio alpha di cui sopra, esistono solo lui e il suo buddy. Voi siete una specie di piacevole contorno. Parliamone, ma senz’altro quello che facciamo NOI è di un altro livello.

Pensate – vi prego – pensate per un momento a che cosa vuol dire trovarsi immerse in questo tipo di situazioni per un 40% della vostra giornata. Ogni. Giorno. Della. Vostra. Vita. Pensateci – veramente – per un secondo. Provate a immaginarvi che cosa possa voler dire muoversi in un mondo in cui la metà della gente che incontrate presume che non sappiate ciò di cui state parlando e che avete bisogno di essere guidate nella ‘giusta’ direzione. Riuscite a immaginarvelo? Cosa credete che accada, in modo quasi naturale, dentro di voi?

Vi posso dire quello che accade dentro di me. Comincio a crederci. Credo che effettivamente quello che faccio non sia niente di speciale, che mi manchi questo e quell’altro. Che se sapessi usare quel software senz’altro avrei più credibilità. Mi chiedo se sono davvero competente nel mio campo e mi sembra che tanti (TUTTI quando sono giusto un pelino più triste) ne sappiano più di me. Poi – certo – vinciamo i premi, ma che vuoi che sia? Se lo abbiamo vinto noi, non sarà così importante.

Vado avanti a lavorare, a testa bassa e mi trovo all’uscita di questi incontri carica di un’energia sbagliata che mai vorrei che guidasse neanche un pixel della prossima cosa che creerò: mi trovo a pensare “torno a lavorare. La prossima cosa sarà una ‘bomba’ e finalmente gli dimostrerò che anche io valgo qualcosa”. Mi allontano da me stessa. Perché io non credo nelle ‘bombe’, né in quelle vere, né in quelle metaforiche. Non credo nel lavorare per dimostrare qualcosa a qualcuno. Credo nel lavoro come uno strumento di crescita umana e spirituale, per te e per chi ti circonda. Io credo nel lavoro come lo strumento più nobile attraverso il quale amare il mondo e la vita.

La battaglia più dura che una donna si trova ad affrontare quando mette in piedi un proprio progetto non è con gli investitori, non è con i partner commerciali. La battaglia più dura è con se stessa. Il mondo è progettato per fare a pezzi l’autostima delle donne. Pezzo dopo pezzo, aneddoto dopo aneddoto, consiglio (paternalista) dopo consiglio. Come costruire, all’interno di se stesse, un proprio centro di resistenza che non si chiude rispetto al mondo, ma che allo stesso tempo non ti fa implodere: questa è la vera battaglia.

Si tratta di non accettare consigli? Certo che no. Si tratta di smettere di dare consigli alle donne? Certo che no. Si tratta di imparare ad ascoltare: le donne e se stessi. Di imparare quel minimo di autoanalisi che ti fa capire se il tuo modo di consigliare sta liberando una nuova energia o cercando di spegnere una candela. Ci vuole – questo sì – un minimo di sensibilità e di apertura mentale. Ma i benefici di entrambe sono notevoli anche e soprattutto per il portatore.

Fate attenzione: non si tratta solo dei consigli gratuiti, delle spiegazioni superflue, dei giudizi affrettati, di tutte le volte che ci interrompete mentre stiamo dicendo qualcosa, come se non fosse neanche lontanamente importante quanto quello che state dicendo voi. Si tratta anche di tutte quelle volte in cui lodate quello che abbiamo ottenuto e lo fate in un modo che ‘ridimensiona le aspettative’. “Siete state bravissime fin qui, MA”. Sapete quante volte l’ho sentito dire in mille forme diverse?

Allora, vorrei chiarire, una volta e per tutte una cosa. Quel “MA” non ha alcun diritto di cittadinanza a casa mia. Ho fame di raggiungere obiettivi che vanno molto oltre quel “bravissima” da quaderno di seconda elementare e ci sono buone chances che voi non abbiate ancora neanche capito qual è il mondo che voglio creare con il mio lavoro. I miei colleghi maschi con questa fame di cambiare il mondo li chiamate “visionari”. A noi donne dite che siamo “confuse” e che non sappiamo dove stiamo andando. Lasciate che vi dica che questa vostra piccola, rassicurante prospettiva sul mondo appartiene al passato.

Il futuro ha preso un’altra direzione e nel futuro che vedo io, fareste meglio a salire a bordo. La nave sta salpando: volete vedere il nuovo mondo, oppure essere tra quelli che sono rimasti sul molo a spiegarci come avremmo dovuto spedare l’àncora?

28 thoughts on “Siate affamate, siate folli.

  1. brianfeboconti ha detto:

    “Credo nel lavoro come uno strumento di crescita umana e spirituale, per te e per chi ti circonda. Io credo nel lavoro come lo strumento più nobile attraverso il quale amare il mondo e la vita.”
    Non penso si possa dire meglio di così, grazie. Ti condivido

  2. Paolo ha detto:

    Grazie Francesca, mi stai insegnando un sacco di cose.

  3. Rosaria Mainella ha detto:

    Ho letto tutto d’un fiato e mi sono emozionata!Si, esattamente!
    Sono una donna che lavora con tutti uomini, che deve coordinare e dirigere il lavoro di soli uomini, che deve stabilire regole e rinunciare ad un pò di “democrazia” per farsi ascoltare.
    Rischio molto e più di loro, perchè le mie idee devono superare le smorfie di tutti i “tecnici”, abilitati e professori con lunga esperienza (pari alla mia, sì’intende), e quando la mia idea è vincente, i meriti si sfumano, torniamo ad essere una squadra!;-)
    Ciò nonostante sono felice, combatto fieramente e lavorare mi entusiasma sempre di più!
    La nave sta salpando e l’àncora è saldamente a bordo!;-)

  4. Stefania ha detto:

    Analisi lucida, condivido tutto.

  5. Sharon ha detto:

    L’ha ribloggato su … just an other cigarette …e ha commentato:
    a quanto pare il 2014 è un numero e basta… ma qualcosa sta cambiando, si sente sotto la pelle… e allora: Stay Hungry, Stay Foolish Girls!

  6. nicole ha detto:

    Fantastico post, grazie per aver condiviso queste riflessioni.

  7. lauraetlory ha detto:

    “Perché non si tratta di offerte di aiuto, ma di un costante, strenuo tentativo di ridurre il valore di quello che hai creato, della tua conoscenza, di ciò che sai fare.”

    Succede. Ogni santo giorno. E se ti ribelli, sei tu quella sbagliata. Sono io. Siamo noi. Quelle che non sanno accettare un aiuto, un consiglio, un essere rimesse esattamente nel posto che, secondo loro, ci compete.

    Bel post.

  8. SUSANNA SCAPIN ha detto:

    Allora. Sono come te, sei come me, ho capito queste cose in questo ultimo anno di duro lavoro in mezzo ai maschi, che ti spingonona dare perché sei brava fin tanto quando gli servi ma guai a superarli. E io manco che mi frega di farlo ma metto tutto nell’intento di migliorarmi e migliorare sto mondo ‘in crisi’. Grazie a donne come te penso che cambieranno molte cose. Perché siamo ‘confuse’ al punto da crederci.

  9. Grégory ha detto:

    vado farlo leggere a l’altra Fra 😉 Siamo tornati bene. A presto. Kiss

  10. vincenzo ha detto:

    puoi ingrandire il testo caratteri di lettura scritura per rendere la lettura un piacere di leggerti senza sprecare energia vitale vitamina g grazie

  11. womatwork ha detto:

    Cara Francesca, condivido molto di quello che hai scritto…ti rimando all’articolo (forse l’avrai già letto) http://static.valored.it/_storage/documents/articoli-di-approfondimento/2014.06.12_Internazionale_LaFiduciaDelleDonne.pdf uscito su Internazionale qualche mese con un’analisi condotta da due studiose americane sulla fiducia delle donne…In soldoni, se é vero che l’uomo tende in modo sistematico a sminuire l’operato della donna, é pure vero che le donne hanno una tendenza dilagante ad avere una bassissima autostima, a sentirsi coinvolte a livello personale ed emotivo molto di più rispetto agli uomini (con conseguente modus operandi), a mettere più in discussione loro stesse e le loro scelte. Riportano esempi reali e quanto mai sorprendenti (…difficile non identificarcisi!): non da ultimo la classica teoria “dell’impostora”, cioè di sentirsi inadeguate rispetto al ruolo che si riveste o al posto che si occupa… Non voglio in alcun modo giustificare gli uomini che descrivi (…anzi!) ma io sono una di quelle che, se non fosse stata per una rete di uomini (ben 3, tra marito e amici!) che hanno spronato la mia persona in perenne stato di insicurezza e senso di inadeguatezza a fidarmi delle mie capacità, ora non avrei il lavoro (seppur precario!) che ho e che amo…

    • Francesca Cavallo ha detto:

      Certo Sara, vorrei chiarire che non sono qui per criminalizzare gli uomini, né per dire “ho tanti amici uomini”. 🙂 Questo è chiaro. Sono qui a puntare il dito contro gli uomini che adottano gli atteggiamenti che ho descritto. Sono ancora molti, troppi, nella mia esperienza quotidiana. Purtroppo non ho avuto molte esperienze con donne nella posizione di trattarmi in quel modo: di tutti i fondi di investimento che ho incontrato (decine) e investitori (centinaia), mi sono confrontata solo con due donne. Due. Questo vuol dire che la stragrande maggioranza di quelli che hanno deciso sono stati uomini e che è probabile ci sia una correlazione tra questo dato e il fatto che – per esempio – solo il 2% del capitale di ventura vada ad aziende fondate da donne. Credo che quindi il timore di non essere prese sul serio sia fondato. Se poi vogliamo farne un problema dell’uovo o della gallina – come alcuni, non tu – suggeriscono.. mah. Dobbiamo scagliarci ulteriormente contro le donne e dire loro siate diverse e verrete accettate? Questo non è il mio approccio. L’accettazione per omologazione non mi sembra un passo avanti, anzi.

  12. mykoize ha detto:

    Io sono una persona un po’ impacciata: lo sono, so riconoscere i miei limiti, ci sono nata, ma pace.
    Questo non fa di me un’incapace ed una stupida.
    Eppure da che ho memoria sono sempre stata trattata da tale, in famiglia e fuori, con un conseguente danno di autostima (già carente naturalmente, in quanto donna) che mi ha portato a fare esattamente quello che dici tu: a crederci.
    Per tanti anni ho creduto che sì, ero stupida e non avrei ottenuto niente.
    Però io per fortuna sono anche una persona curiosa, ma soprattutto una gran testona, anzi un mulo di quelli che avanti finché non ci si rompe la testa.
    E allora piano piano ho cominciato a pensare che potevo provare a fare una cosa o l’altra che al massimo ci avrei fatto la figura della stupida, ma insomma se sono già stupida peggio di così non si può fare, no?
    E adesso che sono passati abbastanza anni e posso dire di aver ottenuto molto, mi guardo indietro e mi mangio le mani per tutte le cose che avrei potuto fare prima e che non ho fatto solo perché credevo che non sarei riuscita a farle.
    Quindi al tuo post aggiungo solo una cosa: siate testarde, siate folli.
    Perché quando vi dicono che una donna non può fare qualcosa, è una grande bugia.

    Marianna

  13. Adamo ha detto:

    Non credo che succeda solo alle donne. Non credo che succeda perchè sei donna. Non credo che sia una questione sessista. Non so se per le donne è più grave.

    È l’essere umano che scambia la competitività con la miopia di un senso superbo di superiorità che non gli fa guardare a un palmo dal proprio naso la maggior parte delle volte.

    Chi conosce davvero se stesso e rende davvero reale ciò che pensa, se ha un consiglio da darti te lo da e basta, chi sa abbassare la testa con determinazione sa quanto è difficile e se ti vede in difficoltà cerca di tirarti su, chi sa chiacchierare… continuerà a chiacchierare.

    Non la metterei sul piano del genere, di sesso: potrebbe essere un presupposto sbagliato da usare nei ragionamenti, nei pensieri, negli approcci, nelle emozioni.

    È una questione di genere, di essere umani: chi attacca è il più debole. Chi è spocchioso è il più debole. Chi è superbo è il più debole. Chi sa abbassare la testa e andare avanti per la propria strada, a guardare il proprio sentiero, passo dopo passo, con ben in testa la via per la vetta, quello è IL forte. O LA più forte, a questo punto.

    La differenza tra uomo e donna sta solo nell’anatomia fisica. Il cervello è cervello, o funziona o non funziona, o sa elaborare o non sa elaborare. Tutto il resto… è noia, rumore di fondo.

    • Francesca Cavallo ha detto:

      Credo che quello che dici non sia vero. Credo che uomini e donne siano molto diversi, non solo anatomicamente. Credo che questo sia una enorme ricchezza per il mondo, purché il confronto non continui sulla base della prevaricazione, ma si apra il dialogo. Purtroppo sarà un mio limite, ma non riesco a capire come il dialogo possa nascere dalla negazione di un problema che è evidente e che si riflette nel numero incredibilmente esiguo di donne in ruoli dirigenziali in qualsiasi ambito, oltre che da una serie di altri indicatori che sono di dominio pubblico.

      Non credo nell’uguaglianza a costo dell’omologazione: a chi dice non ho niente contro le donne, purché si comportino come me, dico che non è questo di cui sto parlando e che i benefici di aprirsi alla diversità e di essere un po’ più aperti all’ascolto sono notevoli non solo per le donne, ma anche per altre razze, per gli omosessuali e anche per gli uomini che hanno una sensibilità diversa e soffrono per la cultura maschilista main stream.

    • Arianna Poma ha detto:

      Hai ragione sicuramente a dire che che non capita solo alle donne! Solo che a noi capita più spesso… fa parte della discriminazione di genere.

  14. Il rasoio di Occam ha detto:

    Posso aggiungere alla lista l’onnipresente, irritantissimo “Ma sei sicura?”, che segue ogni affermazione fatta con un minimo di autorevolezza? “Sei sicura che che hai letto bene?” (So leggere) “Sei sicura che hai già provato X?” (Ti ho appena detto che l’ho fatto quattro volte) “Hai pensato a …” (Soluzione idiota che è la prima a cui ogni persona di buon senso ricorre).

    O lo stupore esagerato quando scoprono che conosci un argomento che considerano di loro dominio? “Ma come mai conosci X libro? Ma che strano!”. “Ascolti il metal???” (Con trentotto punti interrogativi). “Devi assolutamente leggere…” (L’ho letto, l’hanno letto tutti).
    “Incredibile, ma dove l’hai imparatooo??” (Indovina? Dove l’hai imparato tu.)

    • Arianna Poma ha detto:

      E quando non sanno fare una cosa che chiunque conosce, cerchi di spiegare educatamente e comprensivamente come farla per non farli sentire degli idioti e loro niente, non ti ascoltano e perseverano nell’ errore?

  15. Laura La Manna ha detto:

    Grazie Francesca per aver scritto questo articolo. Il risultato è che ho deciso di rimettermi in gioco cominciando da qui!
    http://wtarget.wordpress.com/

  16. missloislane79 ha detto:

    Non ti conosco, ma…grazie. Io vivo quello che hai scritto in varie forme. Non ho creato niente di geniale, in realtà, ma sono una a cui piace scrivere e questo viene visto come un’idiozia in particolare dagli uomini della mia vita. Non mi ritengo una persona che non accetta gli insegnamenti, anzi, di solito sono grata per questi. Ma penso anche che ci sia modo e modo e che se uno vuole insegnarti davvero, deve anche lasciarti provare a modo tuo. Cosa che, troppe volte, mi sono vista negare.

  17. missloislane79 ha detto:

    L’ha ribloggato su La Zitella Felicee ha commentato:
    Incredibile quanto questo articolo rispecchi un problema che riscontro sempre iù spesso…anche nella mia vita. Ne scriverò anche io, un po’ più in là. Ancora GRAZIE all’autrice.

  18. Federica ha detto:

    Se si creasse un fondo d’investimento per start- up gestito solo da donne, con criteri d’investimento tipicamente femminili ( e con la ridotta ossessione di numeri prospettici che – tanto – sono inventati ed ipotetici), se ne vedrebbero di bellissime ( di start- up). Magari accadrà: ‘crisi’ è anche alterazione delle possibilità di previsione. Nella nebbia, dovranno fidarsi di chi naviga di pancia e non di calcolo!

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