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Che cosa vuol dire difendere il territorio

C’è chi dice che difendere la nostra terra voglia dire non parlare dei suoi problemi, fare finta che non esistano.

C’è chi dice che chi osserva con attenzione la nostra terra, chi porta alla luce gli abusi e le nefandezze sia un nemico dello sviluppo del nostro paese.

C’è chi proprio non riesce a capire che cosa possa spingere un cittadino a impiegare tempo e denaro per difendere l’interesse collettivo.

C’è chi crede che oggi si possa fare impresa come sessant’anni fa. Senza regole. Cercando di arricchirsi al massimo a spese del territorio. C’è chi crede che oggi si possa ancora fare impresa senza un progetto che tenga conto del sistema. E che non si tratta di principi etici, ma anche di principi economici.

C’è chi non sa che è ampiamente dimostrato come una visione d’impresa rispettosa del territorio in cui opera e delle persone con cui lavora si dimostri più di successo e più di lunga durata rispetto alle imprese senza scrupoli che sembrano garantire soldi facili e veloci.

C’è ancora qualcuno che non ha capito che un imprenditore che non rispetta le regole è un concorrente sleale. Perché la maggior parte di noi deve fare i conti con antibagni, uffici tecnici, altezze, Nas, regolamenti e controlli. E se uno opera del tutto al di fuori dalla legge, si arricchisce alle nostre spalle.

C’è chi è come quegli abitanti di Scampia che vanno in tv a dire che Saviano li ha rovinati.

Ma c’è anche chi ha voglia di capire. C’è chi vuole uscire dall’ignoranza e dall’alienazione. C’è chi ha capito che abbiamo dei diritti, anche qui a Lizzano, e combatte ogni giorno per rivendicarli. Ci sono persone che è bello guardare negli occhi, perché ci vedi brillare dentro una gioia e una speranza che sembrava perduta. Quel bagliore è un patrimonio di enorme valore per Lizzano.

C’è chi pensa, e tra questi ci sono io, che Lizzano abbia perso già troppi treni per l’attrazione fatale verso la disperazione, il pettegolezzo e la lamentela che non diventa mai azione. Ora anche basta, no?

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Omofobia

Ero al mare a Lizzano quando, qualche giorno fa, mi hanno chiesto di non abbracciare la mia fidanzata perché questo non sarebbe stato rispettoso nei confronti degli altri bagnanti (soprattutto di quelli con bambini piccoli). Naturalmente al mare c’erano molti fidanzati che si abbracciavano, che scherzavano facendo il bagno insieme. Eppure nessuno è andato da loro. Si sono scomodati solo per venire da noi. “Due ragazze in atteggiamento poco decoroso”, mi hanno detto. “Un abbraccio?” ho risposto io. “Qui ci sono persone perbene” mi hanno risposto. Ne ho dedotto che per il sistema di valori della persona con cui stavo parlando, io, evidentemente, non sono una persona per bene.

Allora mi sono chiesta che cos’è una persona per bene. Forse una persona per bene è una persona che ha paura del giudizio degli altri a tal punto da rinunciare a essere se stessa, a tal punto da decidere di nascondere sistematicamente i propri sentimenti. Forse una persona per bene è una persona che accetta il compromesso al ribasso come strategia per vivere “tranquilla”, fregandosene del fatto che l’ignoranza e la paura dell’omosessualità sono una delle prime cause delle violenze che tanti cittadini italiani subiscono ogni giorno. Forse una persona per bene è una persona che crede che i bambini non debbano essere educati all’amore per la differenza, ma che debbano farsi un’idea totalitaria del mondo, preconfezionata secondo gli standard dei propri genitori. Forse una persona per bene, è una persona che non si lascia mai smuovere da nulla, che rimane ferma sulle proprie posizioni fino a marcirci, che non ha curiosità per la vita e per le scoperte che una vita può portare con sè. Magari anche la vita di un altro.

Ho pensato allora che forse davvero non sono una persona per bene. Perché non voglio avere paura, perché voglio essere sincera, e perché se avessi un figlio, mi piacerebbe che fosse diverso da me, mi piacerebbe che fosse migliore e che mi mettesse in crisi, che continuasse a mostrarmi cose del mondo che io non avevo mai colto. Forse se avessi un figlio, mi piacerebbe anche che mi aiutasse a capire che cos’è che fa tanta paura dell’abbraccio di due donne su una spiaggia.

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Teatri di Sale 2010

Ecco a voi in anteprima la locandina di Teatri di Sale 2010 realizzata da Angelo Raffaele Villani, di Opificio Creativo.

L’anno scorso sono arrivati a Lizzano allievi da 4 paesi d’Europa: Spagna, Germania, Austria e Italia. Per i lizzanesi il costo del laboratorio sarà di 70 euro, e se siete disposti a ospitare uno degli allievi che arrivano da fuori, pagherete solo 35 euro.

Diffondete la voce.

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A leggere il mare

Che il mare se uno lo sta un po’ a guardare, soprattutto quando non c’è troppa gente, si capisce che c’ha tanti segreti.

Erri De Luca mi sa che ne ha scoperto uno:

“Non ho avuto intimità col fondo, con quelli che si immergono coi fucili. Nicola non sapeva nuotare e mi ha trasmesso il rispetto per il fondo. Si ottiene dal mare quello che ci offre, non quello che vogliamo. Le nostre reti, coffe, nasse, sono una domanda. La risposta non dipende da noi, dai pescatori. Chi va sotto a prendersela con le sue mani la risposta, fa il prepotente col mare. A noi spetta solo la superficie, quello che ci sta sotto è roba sua, vita sua. Noi bussiamo alla soglia, al pelo dell’acqua, non dobbiamo entrare in casa sua da padroni.”

Erri De Luca, “Tu, mio”, Feltrinelli

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Quando una duna fa primavera

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Parole al vento

Ieri sono andata al mare. C’era un vento pazzesco e la sabbia che è bianca e sottile volava fortissimo e certe volte ti faceva pure male a sbatterti in faccia. Mi sono arrampicata sulla cima di una duna, non l’avevo mai fatto. Dalla cima della duna vedevo la campagna e tutte le altre dune e poi il mare. La litoranea, che qui è una strada che taglia le dune a pochi metri dal mare, quasi non si vedeva e dava l’illusione che la bellezza di questo paradiso fosse rimasta intatta.

Poi nel punto dov’ero non c’erano case abusive, è un punto prezioso, la vista verso il mare correva libera. Che meraviglia.

Quando vedi delle cose così belle, poi non riesci neanche ad arrabbiarti. Io provo solo tanta nostalgia per quando quella strada non c’era e uno si arrampicava sulle dune e poi arrivava al mare. Doveva essere incredibile. E allora io mi dico, ok che quel che è fatto è fatto, ma come possiamo fare per non trasformare tutto questo in un enorme parcheggio sull’acqua?

Sono andata via, c’era troppo vento. Scendendo dalla duna e facendo qualche centinaio di metri, gli abusi sono rientrati violentemente nel mio campo visivo. Sulla strada per casa pensavo che tutti dicono che tutto si presta a strumentalizzazioni politiche. Però, porca miseria, ci sono delle cose vere la cui verità è inequivocabile. Una di queste è che i piani regolatori aiutano a difendere un territorio dagli scempi. Se sono ben fatti lo aiutano meglio, ma comunque è meglio se ci sono, perché la loro assenza apre la strada agli abusi, ai prepotenti, a quelli che se ne fregano della cosa pubblica. E allora, mi chiedo, perché a Lizzano un piano regolatore al mare nel 2009 ancora non ce l’abbiamo?

Andando a zonzo per la litoranea in una giornata di vento, capita di trovare cose interessanti.

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